Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, via via sempre più impetuosamente nel corso dei decenni, fino a raggiungere punte allarmanti con il nuovo Millennio, i piccoli Comuni dell’entroterra e soprattutto della dorsale appenninica, si sono andati progressivamente svuotando di abitanti.

I cittadini hanno cominciato a lasciare le aree montane e collinari per spostarsi verso le metropoli e le aree costiere attratti da nuovi stili e modelli di vita. Lo spopolamento che ne è derivato nei piccoli borghi si è tradotto, automaticamente, nella perdita, sempre più allarmante, dei servizi pubblici (scuole, uffici postali, stazioni Carabinieri, etc. e, fra poco, anche gli Uffici Comuni stessi) che ha effettivamente prodotto uno scadimento preoccupante della qualità delle condizioni di permanenza. Tutto questo ha acuito le difficoltà e i problemi dei residenti, di fatto spingendoli verso un’ulteriore fuga verso l’esterno in una spirale che è apparsa quasi del tutto incontrollabile e inarrestabile.

Proprio nel frangente storico della pandemia Covid 19, invece, è emerso un forte e diffuso sentire di riscoperta dei piccoli borghi. Esso è nato dalla riscoperta del valore anche culturale della piccola bottega e del piccolo negozio, che sono veri e propri “presìdi di servizi” dei piccoli Comuni che ha consentito di far riapprezzare l’importanza della vitalità stesso che è racchiusa in un piccolo paese. Il rapporto diretto tra produttore e consumatore dell’eccellenza enogastronomica locale insieme alla fruizione dei paesaggi e dell’aria pulita, alla riscoperta dei beni artistici, archeologici, monumentali, costituenti, del resto l’essenza stessa dei piccoli borghi, sono riemersi con la palese difficoltà di vivere al tempo della pandemia le metropoli.

Il “rallentamento” dei ritmi di vita imposto da questo momento storico ha consentito di far sviluppare il sentimento di rinascita dei piccoli borghi: e su tale base intendo rivolgere un forte appello alle Autorità di Governo affinchè diano risposte concrete ai cittadini delle aree interne. Chiedo che si troni ad investire in scuole, viabilità, trasporti, sanità, banda ultralarga, tutela dal dissesto idrogeologico. Il nostro Paese deve tornare a ragionare e a vedere le cose da un punto di vista umanistico: non si può restare ancorati ad una visione esclusivamente ancorata alla logica del profitto. Bisogna invece riprogrammare e re-investere in servizi pubblici adeguati ai territori. Tanto consentirà di rendere nuovamente interessanti i piccoli borghi quali centri propulsori di una nuona qualità della vita.

Le risorse straordinarie messe a disposizione dall’Unione Europea sono una opportunità straordinaria cui le aree interne non possono rinunciare. E chi ha il potere di programmarne l’utilizzo e la destinazione debbono ha il dovere finalizzarle al recupero di funzioni e vivibilità dei piccoli centri storici ed alla lotta allo spopolamento.

Questo processo di riscoperta delle aree interne, peraltro, impedirà il perpetuarsi dell’uso sconsiderato del suolo nelle aree metropolicon l’ingigantirsi di quelle periferie sprovviste di servizi, luoghi non luoghi”, che sono purtroppo fonti di nuove e dilaceranti problematiche sociali e civili.

Per realizzare questa rinascita dei piccoli borghi occorre lanciare una nuova normativa fiscale a vantaggio delle aree interne, conferendo anche nuovi poteri di indirizzi strategici per le autonomie locali.

Con questa volontà di rilancio e di riscoperta dei piccoli borghi, accolgo con grande entusiasmo e sincera gratitudine il contributo del regista Raffaele Pilla, che ha saputo realizzare un video capace di esaltare magnificamente l’intimo e il bello di Santa Croce del Sannio.

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