Dalle luci della festa al buio del tunnel il passo è stato più breve di quanto ci si aspettasse. Il Benevento è in difficoltà, attende con ansia di smuovere una classifica che lo vede desolatamente solo all’ultimo posto. Solo ma anche ferito, con una metafora che tanto metafora non è, considerate le sciagure che si sono abbattute sul capo di Baroni nelle prime settimane di campionato. Non solo i giallorossi sono a corto di uomini, ma anche di idee. Due concetti strettamente legati tra loro, osiamo dire, perché senza gli uomini migliori è difficile partorire buone intuizioni. Negli ultimi tre turni ai sanniti sono mancati verve, coraggio e personalità, doti che in assenza di elementi del calibro di D’Alessandro e Ciciretti, per citarne soltanto due, è tremendamente difficile mettere in mostra. A questi si è aggiunto il vero dramma sportivo del momento, ovvero la sospensione per doping di Fabio Lucioni, trovato positivo al Clostebol nei controlli effettuati dopo il match con il Torino. Una tegola pesantissima per una squadra che oltre al capitano, a Crotone ha dovuto rinunciare anche ad Antei e Djimsiti al centro della difesa, accanto ad un Costa appena rientrato dall’infortunio e chiaramente non al top. Campanelli d’allarme che disegnano un quadro nerissimo per la Strega, orfana in attacco di una punta che riesca a far male alle difese avversarie o che comunque sappia – da sola – prendere in mano la situazione. Senza il cambio di passo sulle fasce, con un centrocampo privo di fosforo e in questo momento anche di corsa, è stata durissima per Coda e Puscas darsi da fare contro la difesa della squadra di Nicola, parsa clamorosamente insormontabile per buoni tre quarti di gara. Baroni le attenuanti le ha tutte, ma anche qualche colpa. Considerare gli infortuni come un limite ci può stare, tuttavia è nelle situazioni di emergenza che bisognerebbe fare di necessità virtù giungendo a compromessi con il proprio credo. Il gioco propositivo cucito in estate addosso a questo Benevento è una vera, coraggiosa e affascinante scommessa per la serie A, che nei bassifondi premia solitamente con la salvezza solo squadre orientate al gioco difesa e contropiede. Ma quella scommessa rischia di trasformarsi in azzardo se ci si ostina a proporre le stesse idee senza la presenza di interpreti fondamentali per gli equilibri di squadra, come i giocatori che dovrebbero dominare le fasce e conquistare la profondità. A Crotone, più che con la Roma, le risposte sono state molto chiare: la condizione non è delle migliori, ci sono atleti in ritardo nella preparazione rispetto ad altri. Alcuni sono sembrati inadatti al gioco palla al piede, con le punte abbandonate a se stesse senza la capacità e la caparbietà di vincere duelli fisici uno contro uno. Come intuibile da quanto scritto, i problemi non mancano e non li scopriamo certo noi, ma la classifica inizia a pesare non tanto per la distanza tra la Strega e le avversarie, ma per il fatto che le acque proprio non si smuovono. Dopo il ritiro al Mancini Park di Roma, struttura portafortuna che ha fatto da sfondo alle due promozioni di fila, ecco una sfida affascinante con l’Inter di Spalletti. I biglietti sono “spariti” in poche ore, il sogno del popolo giallorosso è che presto – magari allo stesso modo – sparisca anche quello zero legato ai punti conquistati. E che uno spiraglio di luce in fondo a questo tunnel possa finalmente apparire agli occhi di Baroni e dei suoi uomini. Un’apparizione, un incanto, va bene tutto. Purché si ponga fine a quella che è ormai diventata una gigantesca ossessione.
Francesco Carluccio per Corriere Sannita
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