Si è tenuto giovedì 26 febbraio presso il Centro di Cultura ‘Raffaele Calabria’ l’ottavo appuntamento di ‘Cives-Laboratorio di Formazione al Bene Comune’ che questa volta ha avuto il privilegio di ospitare il gesuita Padre Francesco Occhetta, apprezzato scrittore della rivista Civiltà Cattolica riguardo le questioni sociali e politiche del nostro Paese.
L’incontro, intitolato ‘La politica costruisce la felicità?’, è stato aperto da Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della diocesi di Benevento) il quale, ricordando il pluriennale impegno del relatore su questi temi e la centralità del tema per lo stesso percorso Cives, ha introdotto la questione: “‘Stiamo vivendo un tempo nel quale la politica ci rende pessimisti riguardo le sue possibilità, ma non dobbiamo cadere nel rischio della denigrazione ad ogni costo: le indicazioni che vengono anche da Papa Francesco sono molto precise per il raggiungimento di una nuova mentalità che dovremmo invece auspicare per noi e per il nostro Paese. Egli propone a chi è impegnato nella cosa pubblica anche un metodo per l’azione e cioè dialogo e incontro quali strumenti per sanare i mali della società. Nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, ritroviamo poi le principali prospettive a cui devono guardare i governanti per il loro impegno concreto: lavoro degno, istruzione, assistenza sanitaria per tutti i cittadini”.
Dopo i saluti del Vicario Generale della Diocesi Don Pompilio Cristino è intervenuto padre Occhetta, il quale ha ritenuto opportuna una prima riflessione sui cambiamenti che stiamo vivendo: “Siamo di fronte ad una diversa dimensione del tempo e dello spazio, nella quale il primo è dilatato in un eterno presente senza memoria e senza progettualità futura e internet ci permette sì una navigazione, ma senza una strada tracciata e senza consegne da parte di chi ci ha preceduto, dove tutto è più complesso. Il rischio che corriamo è quello di venderci nel mondo con un’immagine che non corrisponde a quella che invece abbiamo realmente. Solo se siamo autentici costruiamo politiche autentiche”.
Ragionando quindi su una dimensione più soggettiva della politica, che interroga ciascuno di noi in primis come soggetto capace e responsabile di gesti ‘politici’, piuttosto che attivare scontate e ridondanti critiche alla gestione delle amministrazioni locali, il gesuita ha dato qualche indicazione e suggerimento per coltivare questa concezione di politica più responsabile e ‘adulta’. “La prima dimensione da custodire è quella spirituale e, negli spazi pubblici all’interno dei quali possiamo dare, dobbiamo farlo realmente. La vita spirituale è la più bella che possiamo vivere. Del resto, cosa rende felice il vivere politico? Assumersi le proprie responsabilità nello spazio pubblico, in maniera adulta. Non possiamo continuare a fare gli adolescenti nella società. In questo tempo di crisi non si possono delegare le responsabilità, mentre, negli ultimi venti anni abbiamo dato alla politica delle deleghe in bianco”.
Raccontando i cambiamenti che hanno investito il concetto di politico ‘classico’, che oggi non gode più di fiducia come negli anni addietro, a partire dal cambiamento stesso del linguaggio in politica, padre Occhetta ha ricordato alcune parole chiavi dell’impegno dei cattolici: “La laicità, intesa come la capacità di entrare nello spazio pubblico con la propria fede senza imporla, ma proponendola; la ricerca delle garanzie, come metodo di contrappesi e bilanciamenti nelle scelte. Un problema grave che oggi abbiamo è la difficoltà di spingere al coinvolgimento uomini validi che potrebbero assumersi le proprie responsabilità in modo serio, senza dimenticare che la professionalizzazione della politica ha distrutto la sua stessa idea di servizio ed ha favorito il disinteresse del singolo deputato per il territorio. Dovremmo, invece, ripartire dalle chiare indicazioni che Papa Francesco ci dà nell’Evangelii Gaudium, quando chiede alla Chiesa stessa non di conquistare spazi, ma di accompagnare i processi umani”.