A seguito del gran polverone sollevatosi in città dopo l’articolo apparso su ‘La Stampa’ a fine luglio scorso, abbiamo deciso di andare al nodo della questione intervistando in esclusiva l’avvocato Luisa Ventorino, presidente della Camera minorile di Benevento.
D. Avvocato, come mai, essendosi lei limitata semplicemente a rispondere ad una domanda riguardante la nullità matrimoniale, per altro concernente al suo lavoro, si è sviluppato così tanto clamore?
Prima di rispondere alla sua domanda, è bene che io ripercorra rapidamente ciò che ha preceduto l’articolo impreciso de ‘La Stampa’ e quello pubblicato da ‘Gente’.
Diversi mesi fa sono stata intervistata da un giornalista di ‘Bmagazine’ il quale mi chiedeva: “Avvocato, in qualità di presidente della Camera minorile di Benevento, cosa le dice il dato secondo cui a Benevento vengono pronunciate 100 nullità ecclesiastiche l’anno?”. Come prima cosa risposi che non conoscevo i dati riferitimi perché non sono avvocato canonista, bensì civilista ed in particolare mi occupo di diritto di famiglia. Pertanto ho proseguito affermando che, prendendo per buono questo dato su cui mi si chiedeva di fare un commento, ho espresso il mio punto di vista affermando che negli ultimi tempi si è ampiamente diffusa la pratica di chiedere la nullità ecclesiastica del matrimonio, cosa ben diversa dall’annullamento. La pronunzia di nullità, infatti, attraverso due gradi di giudizio, può essere recepito nell’ordinamento giuridico italiano; per nullità si intende un atto che viene dichiarato inesistente e, attraverso il procedimento di delibazione, si trascina dietro tutti gli effetti civili del matrimonio fermi restando quelli relativi alla prole. A tal proposito ho denunziato, e denuncio ancora oggi, la possibile strumentalizzazione di questo procedimento che può agevolare il coniuge economicamente più forte non obbligandolo a versare il mantenimento, anche se quest’ultimo deve far ricorso al Tribunale Ecclesiastico affrontando una spesa ben più cara rispetto a quella prevista dal Tribunale civile che però concede solo l’annullamento. Il Tribunale pronunzia prima la separazione e poi il divorzio. Più chiaramente, se la sentenza di delibazione della nullità interviene prima del divorzio, il mantenimento viene spazzato via. Per tornare alla sua domanda, quindi, le rispondo che non riesco proprio a spiegarmi perché avvocati ecclesiastici si scaldino tanto. Ho forse rotto l’incantesimo? È questo l’inizio della fine di un business, almeno nella nostra città?
D. Avvocato, ci risulta che la questione le sta particolarmente a cuore per vicissitudini personali al punto da aver scritto al Papa. È vero?
Si, in effetti, la spinta a veder chiaro in questa faccenda l’ho avuta quando il mio ex marito mi ha chiesto la nullità ecclesiastica del matrimonio. Ciò è stata la riprova della strumentalizzazione perché siamo stati fidanzati 12 anni, sposati 11, separati nel 2004 e divorziati, con sentenza non definitiva, nel 2009. Il mio ex marito, dopo ulteriori 5 anni, mi ha chiesto la nullità ecclesiastica pur essendo ancora pendente la causa di divorzio circa la definizione delle questioni patrimoniali. Alla luce di questo io non posso non pensare ad una strumentalizzazione e, ferita da tale richiesta, ho scritto al Santo Padre chiedendo di dare una regola ai tribunali ecclesiastici nell’accoglimento di queste istanze.
D. Ha ricevuto risposta alla sua richiesta?
No, ancora non ho ricevuto risposta dal Papa ma, in compenso, il 17 luglio scorso è stata emessa, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la sentenza n.16379 che ha fatto molto discutere, ma che secondo me è la prova provata del fatto che io ho ragione. Tale sentenza, infatti, dice che non si possono delibare sentenze di nullità ecclesiastica per matrimoni aventi durata superiore a tre anni, perché la durata del matrimonio come rapporto è un principio da tutelare all’interno dello Stato. Con questa sentenza, quindi, la Corte di Cassazione ha chiarito i limiti della delibabilità delle sentenze di nullità ecclesiastica.
D. Fatta la sentenza, dunque, cosa si auspica che accadrà?
Premetto che la cosa sconvolgente è che nell’anno giudiziario 2014 la percentuale di accoglimento dei procedimenti è stata del 94%. Con la sentenza, poi, mi auguro che questo dato cali e, in tal caso, ciò sarà la dimostrazione della validità del mio dubbio ossia la strumentalizzazione religiosa di una questione civile.
D. Proclamata la nullità cosa accade alla prole?
Per i figli non cambia nulla, anzi vi sarebbe una norma che consentirebbe, nel caso in cui il coniuge beneficiario del mantenimento fosse in condizioni di bisogno, di poter ricorrere agli estremi del matrimonio putativo. Quindi il coniuge più debole potrebbe avere un mantenimento per un periodo massimo di tre anni, sempre dopo il procedimento di delibazione che avviene davanti alla Corte di Appello territorialmente competente.
In conclusione faccio una riflessione, a me non interessa che si facciano o meno le cause ecclesiastiche, ritengo semplicemente indecente la strumentalizzazione anche perché bisognerebbe andarci cauti in quanto la nullità ha una forte ricaduta emotiva sui figli che potrebbero sentirsi frutto non di un amore ahimè finito, bensì mai esistito.
Al termine della chiacchierata, l’avvocato Luisa Ventorino, quindi, ci invita a rivederci tra un anno per capire se, a seguito di questa sentenza, sia calata la percentuale di accoglimento e se, quindi, il suo discorso ‘non ha fatto una piega’.