Si è tenuta ieri mattina, in Commissione Trasparenza, un’audizione relativa al caso dell’inquinamento del fiume Isclero, assurto alle cronache dopo la pubblicazione di uno studio dell’Università del Sannio su campionature di sedimenti fluviali, dove si evidenziava la presenza di sostanze pericolose. Ha aperto la seduta la presidente Giulia Abbate (PD), affiancata dal vicepresidente Carlo Aveta (FDI).
Per l’Ato1 Calore irpino hanno partecipato il commissario Giovanni Colucci e i funzionari Stefano Spiniello e Carmine Montano. Per i Comuni erano presenti il vicesindaco di Paolisi, Vincenzo Parrella, il sindaco di Airola, Michele Napoletano, il vicesindaco di Moiano, Lucia Meccariello, il sindaco di Sant’Agata de’ Goti, Carmine Valentino. Per l’Arpac Benevento il direttore Pietro Mainolfi.
Sull’argomento all’ordine del giorno ha relazionato Mainolfi, sottolineando che le risultanze degli studi effettuati sui sedimenti fluviali non possono essere adoperati – ai sensi delle normative vigenti – come indicatori ambientali, pur senza voler minimizzare lo stato di inquinamento del fiume Isclero. Per il direttore dell’Arpac occorre sapere cosa c’è ma anche in che forma e in che quantità. A tal proposito ha manifestato la sua preoccupazione per la presenza consistente di salmonella nelle acque del fiume, imputabile per lo più alla mancata depurazione delle acque nere urbane. Alla lamentele dei sindaci per lo scarso trasferimento di informazioni, Mainolfi ha risposto annunciando che da gennaio tutti i database con le analisi dell’Arpac saranno aperti e pubblici.
I rappresentanti dell’Ato1 hanno invece posto l’accento su un problema diffuso. L’Ambito pubblicherà a breve il ‘catasto degli scarichi’, una mappatura completa e georeferenziata di tutto il territorio. Nella fase di ricognizione – ha evidenziato Colucci – è venuto fuori che la stragrande maggioranza delle imprese non hanno autorizzazioni rilasciate dai sindaci e quindi di fatto non sono in regola con le norme in materia di inquinamento. Su 17mila imprese censite in provincia di Benevento solo 483 risultano ad oggi in possesso di regolare permesso, cioè il 2,8%. Pertanto non c’è contezza su quanto si scarica e cosa si scarica. A tale proposito Mainolfi ha stigmatizzato questa circostanza, che impedisce alla stessa Arpac di poter risalire ai responsabili di uno scarico e verificare tramite i laboratori le sostanze in uscita o lo stato degli impianti.
Nel ringraziare la presidente Abbate per l’occasione offerta di confronto, gli amministratori hanno stigmatizzato l’attività della Regione Campania che da due anni non approva il Piano d’Ambito e che ha creato confusioni e sovrapposizioni. Non ultimo il ‘Grande progetto per le aree interne’ in capo ad Arcadis, che al momento non dispone nemmeno del parere dell’Ato.
I presenti hanno convenuto sulla necessità di porre la salvaguardia del patrimonio fluviale e idrico – che è anche paesaggio e storia – come priorità 1 della spesa pubblica. Nell’accelerazione della spesa – ha ricordato Colucci – la Regione non ha indirizzato la spesa delle pubbliche amministrazioni verso il risanamento ambientale. Fino ad arrivare alla situazione paradossale di avere chilometri di fognature, che però sfociano al fiume senza avere i necessari depuratori.
La seduta è stata aggiornata – su proposta del sindaco Valentino – invitando alla presenza in una nuova audizione l’Assessorato all’Ambiente, Arcadis e la Provincia di Benevento.