rapporto_agromafie“I dati sulla criminalità nel settore agroalimentare della Campania confermano che il problema è serio. Il nostro impegno quotidiano è proprio nell’invertire la tendenza. Coldiretti fa la sua parte, senza fare sconti a nessuno. Alle Istituzioni chiediamo di aiutarci garantendo trasparenza e legalità”. Commenta così Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale, il rapporto Agromafie 2016. Nel quarto dossier è misurato l’Indice di Organizzazione Criminale (IOC) elaborato dall’Eurispes, insieme a Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, che si fonda su 29 indicatori specifici e rappresenta la diffusione e l’intensità in tutte le province del fenomeno dell’associazione criminale.

“Coldiretti è in prima linea su più fronti – sottolinea Masiello – dalla lotta al caporalato alla richiesta di tracciabilità per i prodotti. Quanto al lavoro nero, monitoriamo le nostre aziende e siamo pronti ad espellere dall’organizzazione chi non rispetta i lavoratori. Questo fenomeno va stroncato, perché alimenta la concorrenza sleale. Allo stesso modo chiediamo alle Istituzioni un controllo sul mercato nero ortofrutticolo. Nelle zone più esposte al rischio si moltiplicano i furti nelle campagne e spuntano banchetti illegali lungo le strade, dove viene venduta la refurtiva. Ormai siamo alle postazioni fisse, quasi una sfida sfacciata all’impunità. E invece le imprese agricole andrebbero difese come primo presidio di legalità. Possono essere gli avamposti dello Stato nelle aree rurali. Noi ce la mettiamo tutta, senza piangerci addosso. Ci abbiamo messo la faccia anche quando si è speculato commercialmente sui problemi della Campania. Ora chiediamo un cambio di passo, nell’interesse generale e non solo di un settore. L’agricoltura contribuisce fortemente a tirare il carro dell’economia regionale, innescando effetti positivi su tutti gli altri settori. Questa è la grande sfida che abbiamo davanti. Ecco perché al presidente De Luca chiediamo un impegno straordinario della Regione sui nuovi PSR. Ma la legalità è la condizione preliminare affinché gli investimenti producano effetti positivi e duraturi”.

In regioni quali la Calabria e la Sicilia si denota un grado di controllo criminale del territorio pressoché totale, al pari della Campania (sia pur con minore intensità nell’entroterra avellinese e beneventano). Tale risultanza, purtroppo non sorprendente, riflette la forza e l’estensione di organizzazioni quali la ‘Ndrangheta, la Mafia e la Camorra. Il grado di controllo e penetrazione territoriale della Sacra Corona Unita in Puglia, invece, pur mantenendosi significativamente elevato, risulta inferiore che altrove così come in Sardegna. In Sicilia l’unica provincia non caratterizzata da un Indice IOC alto è stata Messina, mentre sul restante territorio i valori sono significativamente elevati. Anche il complesso delle province calabresi risulta profondamente soggetto all’associazionismo criminale. Il grado di diffusione criminale in Campania è elevato sia nel capoluogo (Napoli: 78,9) che a Caserta (68,4) e Salerno (44,3), ma è inferiore nell’entroterra. Si denota una forte presenza di tipo associazionistico anche sul versante adriatico. Infine, non devono sorprendere, in quanto fondamentalmente legati alle specifiche operazioni delle Forze di sicurezza nel territorio, i dati relativi a Perugia (55,9) e Imperia (54,3). Al di sopra della media nazionale, pari a 29,1, con un IOC medio-alto si collocano i territori che si trovano prevalentemente lungo la catena appenninica, sia in Meridione (Potenza: 42,9; Campobasso: 42,7; Avellino: 42,3; Benevento: 35,7) che in Italia centrale (Teramo: 31,5; L’Aquila: 31,2; Terni: 30,0) e lungo l’Appennino tosco-ligure (La Spezia: 38,7; Pistoia: 35,1). Elevata la numerosità delle province pugliesi. Sia pur con livelli inferiori alla media nazionale, è importante sottolineare come l’indicatore relativo alla provincia di Roma possa essere considerato ad un livello medio alto. Il livello medio-basso dell’IOC racchiude gran parte delle maggiori province del Centro e Nord Italia, quali Genova, Torino, Firenze,, Milano, Bologna e Brescia.

Dai risultati delle indagini tecniche per la mappatura dei terreni destinati all’agricoltura nella Regione Campania (con priorità ai 57 Comuni della Terra dei Fuochi) è emerso che solo il 2% dei terreni mappati in Terra dei Fuochi è a rischio mentre il restante 98% degli stessi non si possono definire a rischio secondo i rigorosi criteri utilizzati per la rilevazione. Nonostante questi dati confortanti, di contro, immagini di roghi, notizie di stampa, relazioni sullo stato della salute delle popolazioni abitanti il territorio, pregiudizi commerciali hanno generato una psicosi diffusa con particolare riferimento, per esempio, ai prodotti caseari ed ai prodotti agroalimentari della Campania, con un grave danno economico e d’immagine. Anche i dati di Legambiente certificano che il problema della gestione illecita dei rifiuti pericolosi non può considerarsi circoscritto alla sola Campania, che, con il 12,4% delle infrazioni nazionali accertate nel ciclo dei rifiuti, 1.070 denunce e 402 sequestri, si pone al secondo posto a livello nazionale dopo la Puglia. I dati e i risultati dell’attività di monitoraggio e contrasto delle Forze dell’ordine e della Magistratura indicano, inoltre, che nessuno dei nostri territori è immune dal problema.