In vista delle prossime elezioni provinciali e della legge Delrio che ridisegna confini e competenze delle amministrazioni locali, Fioravante Bosco torna ad affrontare la questione delle Province, ponendosi il dubbio che la loro abolizione sia solo una finzione.
Il segretario generale Uil Benevento-Avellino, infatti, così interviene con una nota: “Nell’agosto 2013 si pensava a una manovra in tre tempi: prima le Province dovevano essere svuotate dei propri poteri, poi cancellare dalla Costituzione la parola Province, infine, depennarle definitivamente. Sul territorio dunque sarebbero rimasti operativi solo regioni, comuni e le unioni di comuni. Sembra, però, che l’intenzione del governo Renzi sia un’altra. Difatti, abolire il termine Province dalla Costituzione non significa nulla, se si tiene conto che nemmeno le unioni dei comuni e le comunità montane sono previste dalla stessa Carta costituzionale. Con una riforma come quella proposta da Renzi, si rischia di avere enti provinciali che hanno poteri e funzioni notevoli e che possono rimanere in vita in maniera indefinita. Un ente territoriale, insomma, non ha bisogno di essere previsto dalla Costituzione per essere attivo.
Ecco dunque il possibile senso della riforma costituzionale contenuta nel disegno di legge n. 1429 del 2014: viene abolito il nome delle Province, ma non la loro esistenza concreta. Le Province, quindi, continueranno ad operare e, forse, la situazione peggiorerà anche perchè prima a votare erano i cittadini, mentre ora esse saranno elette solo da sindaci e consiglieri comunali e provinciali. A conferma di questa possibile lettura della manovra governativa, una norma contenuta nella legge Delrio addirittura incentiva le Regioni a trasferire servizi di rilevanza economica alle nuove Province, altro indizio questo che esse sopravvivranno molto probabilmente alla cancellazione del loro nome dalla Costituzione.
Altra stranezza della riforma Renzi riguarda le città metropolitane. Nel resto dell’Europa ne esistono una decina appena, sono le megalopoli come Londra, Madrid e Parigi. La legge Delrio (n. 56 del 7 aprile 2014) ha invece individuato dieci territori provinciali che sono stati valorizzati rispetto a tutti gli altri. Questi territori sono stati chiamati città metropolitane, ma non hanno nulla a che fare con le vere città metropolitane europee. Per fare un esempio, la città metropolitana di Napoli è in realtà l’attuale provincia di Napoli. A queste dieci fortunate province è stato consentito di continuare a fregiarsi dei grandi finanziamenti europei. Alle stesse dieci città metropolitane si aggiungeranno le cinque che dovranno essere deliberate dalle regioni a statuto speciale, basti pensare a Cagliari, Catania e Palermo.
Resto dell’opinione – prosegue Bosco – che dovevano essere soppresse le regioni, visti i disastri economico-finanziari che hanno determinato nel Paese all’indomani del loro varo avvenuto nei primi anni ’70 del secolo scorso. Sanità, trasporto pubblico locale, servizi socio-assistenziali, turismo, agricoltura sono al collasso. Servirebbe un ripensamento profondo rispetto alla necessità della loro sopravvivenza in un momento così delicato per il nostro Paese. Senza dimenticare che vi è un migliaio di consiglieri regionali che guadagna cifre folli mentre sono in carica e rendite vitalizie inammissibili quando cessano dalla funzione. In conclusione, mi ritengo soddisfatto del parziale ripensamento del governo Renzi rispetto alla necessità di mantenere in piedi un ente di area vasta che possa raccordare il territorio e tenerlo saldamente unito. E’ chiaro che, se restano le province, dovranno essere eliminate le comunità montane, gli enti parco, le autorità delle acque, le società partecipate. Il Sannio, così come gli altri piccoli territori della variegata geografia italiana, ha bisogno di un collante, di un’istituzione ben individuata che ne eviti la disgregazione economica, sociale, culturale, demografica e produttiva”.